Se passeggiate in inverno per il centro di una cittadina del nord e sentite un aroma dolce e pungente… vi state avvicinando a un pentolone di vin brulé! Che gioia quando la “bevanda ufficiale dei mercatini di Natale” ci scalda dal di dentro e riempie del suo profumo le vie respiratorie!
Vin brulé, una festa per il gusto, la vista e l’odorato
Esiste sin dall’antichità. È un segno di festa, un tecnica economica di riscaldamento, e persino un’antinfluenzale casereccio. E, senza dubbio, é un classico degli eventi all’aperto, da ottobre a febbraio, dall’Emilia in su. Non c’è castagnata, sagra, festa parrocchiale o della pro loco, anniversario di centro sportivo… dove manchi il “vino bruciato”. Lo si serve in genere da grandi pentoloni, a mestolate. Se non c’è altro, servono anche i thermos, ma… vuoi mettere la poesia quasi aulica del profumo che sale dai fornelli da campo? E la geometria dai colori autunnali delle fette d’arancia, delle stecche di cannella, dell’anice stellato dalle otto punte? Se vi immaginate di sorseggiarlo in una piazza illuminata e addobbata, magari con la neve, oppure davanti al caminetto… capirete subito che si tratta di un’elisir che accompagna la gioia delle Feste.
“Brevettato” dagli antichi Romani
Che, popolarizzato dai Romani, sia giunto fin quasi il Polo Nord, non è quindi una sorpresa. Certo, la preparazione e gli ingredienti sono cambiati nel corso della storia e secondo le latitudini. Nell’antichità si chiamava conditum paradoxum. Pare che lo conoscessero anche i greci, ma chi consegnò la ricetta ai posteri per iscritto, in latino, fu il primo food blogger della Storia, il romano Marco Gavio Apicio. Nella sua “De re coquinaria” lo descrive come un vino dolcificato con abbondante miele, scaldato a più riprese e aromatizzato con pepe, foglie di nardo e di zafferano e arricchito con datteri. Lo si offriva agli ospiti di riguardo a fine del pasto.
Medicina dei poveri
Nel Medio Evo, i monaci che studiavano erbe e affini lo prescrivevano come rimedio per i malanni di stagione (in effetti, la cannella, è ricca di antiossidanti, atti a combattere raffreddore e influenza). E si capisce: se siete poveri contadini, o montanari, fa freddo e qualcuno in casa comincia a tossire o starnutire… non c’è di meglio che cercare legna, accendere il fuoco e scaldarvi del vino casereccio con le spezie ottenute dai frati, magari a cambio di una gallina.
Variazioni sul tema vin brulé
Si chiama mulled wine in Gran Bretagna, vin chaud in Francia (anche se vin brulé vuol dire “vino bruciato” in francese…), gluhwein in Germania, in Austria e in Svizzera, glögg in Scandinavia. Altrove si fa con vino rosso o bianco (é anche il caso del Veneto), talvolta con l’aggiunta di rum o cognac, acquavite o liquori. Si insaporisce con scorza d’arancia e/o di limone, spicchi di mandarini o fette di mele. Gli si da il tocco aromatico con cannella, noce moscata, semi di finocchio, anice stellato, chiodi di garofano, zafferano, cardamomo o zenzero. E il dolce con zucchero o miele.
In Italia e nell’arco alpino il vin brulé si fa in genere con un vino rosso corposo o fruttato, zucchero, chiodi di garofano, arancia, cannella e anice stellato. Le ricette sono tante. Eccone una, alpina e tradizionale.
Una ricetta italiana
Ingredienti: 1 litro di vino rosso, la scorza di un’arancia e di un limone, 100-150 grammi di zucchero semolato, 6 chiodi di garofano, 1-3 anice stellato, 1-2 stecche di cannella.
Preparazione: Levare la scorza dall’arancia e dal limone con un coltellino affilato (la parte bianca non va usata) e aggiungerla al vino e agli altri ingredienti. Scaldare il tutto per 10-20 minuti (al meno fino a che lo zucchero sia ben sciolto) e poi lasciarlo insaporire a fuoco spento per un’altra decina di minuti, e poi filtrarlo. L’ideale é mantenerlo caldo nello stesso recipiente di cottura, a fiamma molto bassa. Che vino utilizzare? Secondo la regione, sono ottimi Sangiovese, Lambrusco, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero, Schiava, Nebbiolo, Barbera o Nero d’Avola. In Val d’Aosta importa poco con che vino lo fate… l’essenziale è condividerlo in una coppa dell’amicizia o in una grolla.
Come e con che gustare il vin brulé
La gradazione alcolica dipende ovviamente dal vino utilizzato e dal tempo di bollore. Sopra gli 80° l’etanolo del vino evapora. Se lo si desidera eliminare pressochè del tutto, avvicinare una fiamma alla superficie del vino. Le effimere fiammelle blu che si consumano indicano l’evaporazione dell’alcol.
Il vin brulè andrà servito e bevuto ben caldo (60-70°) in un tazza di ceramica o vetro temperato, senza dimenticarsi di inalare e assaporare l’ineffabile effluvio del suo vapore. Per motivi estetici, si possono aggiungere fette di arance alla fine.
I dolci secchi e/o a base di cioccolato sono un eccellente accompagnamento per il vin brulé (che i bimbi potranno sostituire con una bella cioccolata calda). In autunno, si sposa a meraviglia con caldarroste o col castagnaccio.
Il vin brûlé si può conservare tranquillamente in frigorifero per 2-3 giorni, basta riscaldarlo a fuoco lento, per evitare che si bruci, prima di servirlo.
2 commenti su “Vin brulé, il sapore e l’aroma dei mercatini di Natale”
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