Una giovane paraguayana trova un po’ di tempo per uno stacco dal lavoro. Inforca la sua bici e si avventura per una strada di campagna da lei mai battuta prima. Ignara della sorpresa che l’aspetta, ad un tratto le appare “in mezzo al nulla” la millenaria Pieve di San Romolo a Gaville, dantesca testimone della storia, della fede e dell’architettura romanica in Valdarno.
“L’altro era quel che tu, Gaville, piagni”
…così Dante chiosa il canto XXV del suo Inferno. Si riferisce (ai suoi lettori contemporanei risultava evidente) a una nota vicenda della cronaca dell’epoca, che spiega anche l’esistenza solitaria dell’imponente tempio ove ai tempi esisteva un centro abitato. Accompagnaci e lo vedremo.
Ignorando tutto questo, Noemi Sanches, giovane dottoressa in filosofa paraguaiana, quel sabato di primavera decise di imbucare via del Cesto verso una direzione a lei nuova, a cavallo della sua bici. Dopo una mezz’oretta di pedalate circondate dall’incantevole campagna toscana… ecco apparire un’antica bellezza. Era, come scoprì, la Pieve di Gaville. Costruita attorno all’anno 1000 nell’omonimo paesino oggi frazione di Figline e Incisa Valdarno.
In mezzo a “un’incantevole nulla”
Le fece subito una notevole impressione: “Improvvisamente, quasi ‘in mezzo al nulla’… cioè, in mezzo alla campagna, con pochissime case attorno, mi son trovata davanti una sagoma imponente, che ha ripagato abbondantemente la fatica della salita. Anche perché non la cercavo… È stata un regalo. Una bellissima sorpresa!”. A Noemi piace molto l’architettura antica, ma la pieve era chiusa. Decide allora di tornarvi il giorno dopo, domenica, per la messa, per poter così scoprirne pure gli interni.
Dentro Gaville
“Se da fuori spinge a elevare lo sguardo verso il Cielo”, ci confida, “da dentro riempie del suo silenzio sacro che eleva l’anima, ti fa raccogliere in te stessa e avvicinare a Dio. Ti senti avvolgere nel suo tempo che sa di eternità”. Perché “sa di un passato antico – è un patrimonio – di semplicità e allo stesso tempo di preziosità. Ma dona anche una presenza originaria che va oltre il tempo…”.
In chiesa, Noemi legge qualche nota storica, oltre a quel riferimento alla Divina Commedia.
L’abitato circondante la pieve fu raso al suolo dalla famiglia guelfa dei Cavalcanti, per rappresaglia verso gli abitanti del Castello di Gaville, dove era stato ucciso il loro rampollo Francesco.
San Romolo a Gaville e la sua storia
Come illustra la pagina web nelvaldarno, “La pieve di San Romolo a Gaville sorge su una collina circondata da uno splendido uliveto, lì dove passava una volta la Via Adrianea, che collegava la Valdambra a Firenze. Nei locali antistanti alla chiesa si trova il bellissimo Museo della Civiltà Contadina che offre uno spaccato sulla vita contadina di un tempo. Fu costruita fra il 1007 ed il 1070 a ridosso della torre di avvistamento preesistente per volere della famiglia Ubertini, che possedeva il vicino castello, considerato in epoca medioevale uno dei più potenti del Valdarno Fiorentino. La pieve ebbe un periodo di forte splendore, in quanto esercitava la sua giurisdizione su oltre 30 popoli, incluso quello di Figline”. “Fu sfigurata durante i lavori del 1700 e danneggiata durante la II° guerra mondiale. Tra gli anni 40 e 60, la chiesta fu completamente rinnovata e riportata allo splendore e forma di un tempo”.
La morale della favola
Pare proprio che valga la pena avventurarsi “nel nulla” delle splendide cornici naturali delle quali il Creatore ha dotato la nostra bella Italia! E l’uomo, nel corso dei secoli, ci ha messo del suo. Ha trasformato il territorio rendendolo, se possibile, ancora più bello, oltre che produttivo. (Per esempio: sapevi che i cipressi, emblemi delle campagne toscane, sono stati introdotti mooolto tempo fa dalla Grecia?) Ma, saggiamente, i nostri avi hanno trasformato la natura rispettandola. Forse queste gitarelle, senza altre pretese che un po’ di respiro dalle fatiche quotidiane, come quella di Noemi, ci insegnano anche questo. Una lezione dei nostri padri che speriamo di non dimenticare mai.
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