Eliana di professione fa la giornalista. Dopo anni di lavoro precario a Milano ha seguito il marito nella capitale della Baviera, dove conta di rimanere a tempo indeterminato. Nonostante abbia scelto una professione che vive di parole e quindi cambiare Paese e lingua sia ancora più difficile. Trasferitasi con due figli, ha trovato lavoro in un giornale italo-tedesco ed è contenta di aver scelto Monaco, una città a misura di famiglia.
Monaco, una città a misura di famiglia: il trasferimento e l’impatto con il tedesco
Da quando sei a Monaco e come mai questa scelta?
Siamo arrivati tre anni fa perché l’azienda per cui lavorava mio marito gli aveva proposto il trasferimento nella sede centrale, che è proprio qui in Baviera. Ormai questo è un progetto di vita, non contiamo di tornare.
Conoscevi il tedesco prima di andare a Monaco?
L’avevo studiato al liceo e lo conoscevo abbastanza bene. Quando sono arrivata però l’impatto è stato traumatico, avevo difficoltà a capire. Dovevo fare dei documenti, per esempio: un incubo. Inoltre qui molti parlano in bavarese, che è un idioma a parte, diverso dal tedesco. Quindi ho seguito dei corsi di lingua e ne inizierò un altro a breve. Anche perché mio marito poteva scegliere in quale lingua parlare al lavoro e ha scelto il tedesco e non l’inglese. Io invece sono in una redazione a maggioranza italiana, per cui lo pratico meno.
Ovviamente i bambini andando alla scuola d’infanzia lo stanno imparando. La più grande fa ancora degli errori ogni tanto, ma mi è capitato che ci rivolgesse la parola una persona per strada: io ho capito la metà di quello che ha detto, lei tutto. Mi ha stupito quanto lo conosce bene. Ma lei è una che si butta e appena arrivata voleva giocare con gli altri bambini al parco e anche se non sapeva la lingua si avvicinava lo stesso.
Il bambino è più piccolo. Aveva sei mesi quando ci siamo trasferiti. Ma sono entrambi destinati al bilinguismo, anche se a scuola gli faremo frequentare dei corsi di italiano: lo parlano a casa, ma così impareranno anche a scriverlo.
Monaco, una città a misura di famiglia: le amicizie e il lavoro
Che tipo di città è Monaco?
Monaco è la città più “italiana” di tutta la Germania. Noi ci troviamo bene anche per questo. Qui tutti conoscono un po’ l’italiano e amano molto il nostro paese. Devo dire che ci hanno subito accettato. Nel palazzo in cui abitiamo ci sono solo tedeschi a parte noi e un’altra famiglia, ma abbiamo ottimi rapporti con tutti. Quindi non ci sono grossi problemi a integrarsi. Anche se bisogna dire che sono poco tolleranti con chi esce da regole. Seguire le regole è la loro forza, ma anche il loro limite. Poi al momento abbiamo fatto amicizia soprattutto con famiglie italo-tedesche che portano i loro figli nella stessa scuola dei nostri.
Cosa fai adesso?
In Italia ero una freelance. Ho avuto l’opportunità di entrare in una redazione per fare il praticantato e quindi l’esame da giornalista professionista, ma per il resto sono sempre stata una collaboratrice esterna. Per cui sono riuscita a portarmi il lavoro dietro. Poi da un annetto ho trovato una collaborazione qui, con una rivista italo-tedesca. Al momento lavoro in redazione per una sostituzione di maternità. Per poter però progredire devo continuare a studiare il tedesco: in Germania è importante avere dei certificati che testimonino le tue competenze. Poi seguirò qualcosa di specifico per il giornalismo.
Monaco, una città a misura di famiglia: una decisione definitiva
Pensare di rimanere a Monaco, quindi.
Sì. Anche per questo vogliamo imparare bene la lingua. In questa città ci troviamo bene, è davvero a misura di famiglia e di bimbi. Mi piace il sistema educativo che offrono. Fanno tanto sport, stanno all’aria aperta, la scuola offre moltissimi corsi e attività, persino alla materna. Poi in Germania c’è un cultura radicata della vita all’aria aperta ed è pieno di spazi verdi. Ci sono parchi ovunque e aree dedicate ai bambini in qualsiasi locale.
Anche la maternità è molto favorevole. Dura ben tre anni, in cui hai il posto di lavoro assicurato. Come freelance ne hai uno. Puoi anche alternare il congedo tra mamma e papà e nel primo anno di vita del bambino lo Stato ti dà un contributo economico. L’ho ricevuto persino io anche se ero appena arrivata. Dopo questo anno ti arrivano a casa tutte le informazioni sulla cura del bambino, come scegliere la scuola o richiedere altri fondi.
Chiaramente questo significa che tante famiglie hanno tre figli. Anche perché iniziano prima. I fuori corso all’università praticamente non esistono e si entra prima nel mondo del lavoro. Così è più facile avere una stabilità e fare dei figli più giovani.