Articolo di Matteo Donelli
Dal New York Times al giornale locale di paese.
Da Manhattan a Correggio.
Da Reims cuore dello Champagne, al cuore del lambrusco, l’Emilia.
Intricata matassa del vino con fili che collegano punti lontani del Mondo. Il bandolo della matassa lo si trova solo cercando di interpretare e tradurre in parole la travolgente passione di una famiglia per il suo vino.
Le bollicine nobili francesi, dall’elegante perlage con i suoi profumi delicati, contrapposti ai ruvidi e intensi rossi del lambrusco.
Dopo Guerra, fine anni cinquanta, con una Europa ed una Italia da ricostruire.
Quei rossi emiliani la cui spuma violacea spesso rappresentava uno dei momenti di piacere e leggerezza della giornata degli uomini del campo. Vini di sostanza, capaci di sgrassare la bocca da quei piatti poveri e grassi nati per caricare di calorie i contadini per le faticose mansioni.
Lo Champagne manco si riusciva a sognare. Troppo. Per ricchi e bellissime donne. Troppo semplicemente per la gente normale anche per occasioni speciali. Al massimo uno spumante per capodanno.
Le domeniche di Oreste Lini ad inizi del novecento, erano tutte uguali: ricerca e sperimentazione enologica nella sua cantina di allora di Correggio.
Portare ad adottare il metodo classico in Italia in Emilia. Tentativi durati decenni. Proseguiti dai figli con la stessa passione del loro nonno. Il sogno che inizia a prendere forma negli anni cinquanta dopo studi, viaggi e collaborazioni con le prestigiose cantine francesi dello Champagne.
Pinot nero selezionato nella sua culla d’eccellenza italiana, ovvero l’Oltrepò pavese. Uve forti e dominanti non certo facili da “addomesticare” attraverso un processo di lavorazione complesso come può essere il metodo classico in versione emiliana.
Un vero e proprio laboratorio artigianale dell’enologia aperto ad esperti non solo d’Oltralpe.
Epoca di ascese sociali italiane quelle degli anni 70 e 80 dove le bottiglie di bollicine sottolineavano benessere e successi. Spumanti e Prosecchi a fare da padrone e gli Champagne, tre gradini sopra, solo per pochissimi eletti.
Wine Spectactor, Bibbia dell’Enologia Mondiale ha decretato recentemente, la cantina Lini tra le prime 100 migliori d’Italia grazie ad uno dei suoi vini di punta il Metodo Classico Rosso Millesimato 2004 da uve lambrusco salamino.
25 ettari posizionati nel cuore della pianura reggiana, selezionati fornitori dall’Oltrepò Pavese e un forte approccio artigianale capace di garantire una cantina variegata, dal metodo Charmat a quello Classico, lambruschi millesimati, Cuveè fino ai blanc de noirs a base di Pinot Nero.
USA, terra della meritocrazia, dove ci sei solo se il mercato ti reputa “cool”. Le bottiglie di design di Lini 910 lo puoi trovare in bella mostra, con più facilità nei nei top wine bar di New York che magari in quelli della nostra Penisola.
“Champagne emiliano” amato da diversi uomini dello spettacolo mondiale, vanto nostrano che, come spesso capita per certe eccellenze, poco conosciuto localmente.
Domeniche di passione, sacrifici e di tanti libri di enologia francese del signor Oreste racchiuse dietro ad un numero, che poi un numero solo non è: 910.
Articolo a cura di Matteo Donelli
1 commento su “Lo Champagne emiliano”
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