È un cultore della letteratura italiana e la promuove in Canada e nel mondo, attraverso l’insegnamento e gli scambi culturali che intrattiene da anni con alcune fra le più prestigiose università. Gabriel Niccoli è un apprezzato docente universitario di origini italiane. Ha lasciato la sua terra natale da diversi anni, ma non ha mai reciso il cordone ombelicale che lo lega alla Calabria e, appena può, non perde occasione per ritornarci.
Una vita spesa per il sapere
Partito negli anni ’60 da Grimaldi, il suo paese, nella provincia di Cosenza, è appena quindicenne quando, insieme alla sua famiglia, si trasferisce a Vancouver (Canada). Consegue un dottorato di ricerca in letteratura comparata presso l’Università della British Columbia. Insegna lingua, cultura e letteratura italiana all’ateneo di Victoria e a quello di Washington. Sposa Francesca, medico, italiana come lui, oltretutto del suo stesso paese d’origine, e con lei si trasferisce a Waterloo (Ontario, Canada), nel 1984. Hanno due figli: Pascal e Flora, ai quali trasmettono l’amore per la conoscenza. Insegna all’Università di St. Jerome, poi a quella di Waterloo, dove è professore ordinario, ora emerito, di studi italiani e francesi e presidente del dipartimento. Mantiene sempre saldo il legame con la sua terra, anche attraverso le lezioni che tiene periodicamente all’Università della Calabria.
Gabriel Niccoli, l’emigrazione e il concetto caro del “nostos”
Autore di diverse pubblicazioni, scrive anche saggi sull’immigrazione italo-canadese, un campo a lui caro, così come lo è il concetto di “nostos” (dal greco, “ritorno”). Destinatario di diversi riconoscimenti, in Italia e in Canada, nel 2018, riceve a Cosenza il Premio di cultura “Dante Alighieri”. Fa parte di vari comitati editoriali di riviste letterarie sia in Canada che in Italia, e partecipa a una miriade di conferenze da Vancouver a Venezia, a Hangzhou (Cina). All’università di Firenze fonda, con i colleghi italiani Concetta Bianca ed Enzo D’Angelo, la Conferenza Internazionale sulla Conservazione e la Preservazione. Per il suo impegno accademico e sociale, è nominato vice-console onorario d’Italia in Canada, carica che ricopre per diversi anni. In questa intervista ci dice qualcosa di più del suo lavoro e dell’amore per la sua terra.
Professore, quale interesse suscita la cultura italiana negli studenti canadesi?
«La cultura italiana in Canada, apprezzatissima nelle sue più svariate sfaccettature, siano esse la letteratura, la lingua, le belle arti, la musica e via dicendo, e non solo nell’ambito universitario, continua a suscitare moltissimo interesse. Viene considerata, dai più colti, cultura madre per quanto riguarda l’avvento umanistico occidentale. In quanto agli studenti canadesi, essa rimane un volano per un maggiore apprendimento delle due culture ufficiali (oltre a quelle indigene) in Canada: quella inglese e quella francese».
La lingua italiana è troppo spesso bistrattata e invasa da neologismi. Le carenze linguistiche sono sempre più evidenti e i social network ce lo testimoniano quotidianamente. Pensa sia ancora possibile “salvarla” e in che modo?
“Per noi docenti universitari che operiamo nell’ambito dell’italianistica all’estero, questa babelica barbarie linguistica suscita un certo risolino soffuso di irritazione. Credo una possibile salvezza si annidi nella emulazione, da parte delle competenti istituzioni italiane sia governative (Beni e attività culturali, ad esempio) sia accademiche (penso alla Crusca), dei seri ed efficaci provvedimenti intrapresi a tutela della purezza della lingua francese da parte non solo dell’Académie française, ma anche, in un contesto a noi canadesi ancor più familiare, del governo del Québec”.
Gabriel Niccoli, è autore, fra gli altri, di un libro dedicato alle scrittrici del Rinascimento italiano. Qual è stata, secondo lei, la più rappresentativa di quel periodo e perché?
“Il nostro Cinquecento ci ha regalato una grande fioritura di letteratura al femminile, e anche protofemminista. In tale ambito, nonostante Vittoria Colonna venga comunemente additata da buona parte della critica come una delle più rappresentative (era ben innescata nel giro del mercato editoriale), penso che Veronica Franco (molto studiata in Nord America dai giovani dottorandi) e Gaspara Stampa, siano tra le voci più originali. Dopodiché rimane sempre la questione di accesso ai centri di cultura che per ragioni ben note erano minori nel sud dell’Italia. Ciononostante, scrittrici come Isabella Di Morra e Lucrezia della Valle rimangono tra le voci a più alta risonanza poetica”.
In Italia i giovani continuano a partire. Lei, che ha vissuto in prima persona questo fenomeno, quali differenze intravede fra l’emigrazione di ieri e quella di oggi?
“Beh, diciamo subito che i giovani emigranti di oggi sono maggiormente laureati, o almeno diplomati, e quindi lasciare l’Italia per loro è una scelta, il più delle volte motivata dalle maggiori occasioni di potenziamento delle loro particolari professioni o mestieri. Certo, non è più l’emigrazione di una volta. Ora sono adulti che fanno una scelta ponderata, lungimirante. Sono molto preparati, e non solo linguisticamente, ad affrontare le nuove sfide. Nel mio caso particolare, essendo emigrato molto giovane, devo dire che è stata per me una stimolante avventura. Non altrettanto, però, per i miei genitori e per tanti altri, emigrati decenni fa, che ho avuto modo, negli anni, di osservare”.
Il ritorno alla radici. Lei, quanto è ancorato al concetto del nostos?
“Sto portando a termine la cura di un volume con ben venti contributori (studiosi canadesi e italiani) proprio sul nostos nella letteratura italocanadese. Che l’idea del ritorno sia una struttura portante del fenomeno migratorio, non vi è alcun dubbio. Moltissimi studi convergono sulla fondamentale importanza del nostos (reale o immaginato) per quanto riguarda il costrutto o l’evolversi di una propria identità, sana e propositiva, in “terra straniera”. Personalmente, devo dire che per me, ritornare, e con una certa frequenza, assume una valenza, direi, vitale. È ritrovare l’Io e non la sua ombra“.
Collabora con diverse università italiane, fra cui quella della Calabria. Qual è il suo contributo in questi scambi culturali?
“Coordino da un paio di decenni la convenzione di scambi a tutti i livelli tra l’Università di Waterloo e l’Università della Calabria, nonché il programma “Waterloo in Calabria”, da me fondato. Ho anche stilato accordi e lettere d’intenti con altri atenei e istituti italiani, quali Firenze, Bologna, Magna Graecia e altri, durante il mio periodo di rappresentanza dei rettori dell’Università di Waterloo. Continuo a essere privilegiato dell’ottima collaborazione dei tanti e cari colleghi dell’Unical, dove spesso mi trovo per svariate conferenze o lezioni. Colgo l’occasione per ringraziare ancora l’ex rettore dell’Università della Calabria e caro amico, Giovanni Latorre, per avere fortemente voluto questo accordo”.
È stato vice console onorario d’Italia in Canada. Quali soddisfazioni le ha dato questo incarico?
“Ora che ho lasciato la carica per raggiunti limiti d’età, dico che uno degli onori della mia vita è stato quello di rappresentare in veste ufficiale l’Italia. Nei sei anni di questo mio servizio alla Patria, potrei citare davvero tantissime occasioni di grande soddisfazione: dai grandi incontri ufficiali che l’ufficio mi ha dato modo di esperire, alla grande e preziosa umiltà di alcuni utenti che hanno oltremodo arricchito il mio senso di humanitas cristiana. Soddisfazioni particolari sono state: l’aver reso possibile l’acquisto della cittadinanza italiana a giovani atleti, che hanno potuto così giocare a livello professionistico in squadre di hockey e di calcio italiane, vivendo nei luoghi dei loro avi”.
Grimaldi è il suo paese d’origine. Quali sono i ricordi più cari che conserva della sua terra?
“L’anima del luogo, il senso del luogo Grimaldi, i suoi sapori, i suoi colori, la vista del paese dall’alto dei suoi monti, il profumo della ginestra, e delle violette in primavera. Ma anche la passeggiata solitaria nella quiete del cimitero, lungo i suoi viottoli, una prece per negoziare un dialogo con i nostri cari defunti. E potrei andare ad infinitum. Ci vorrebbero le parole del nostro grande antropologo Vito Teti, parole che io purtroppo non ho. E poi, ovviamente, i ricordi della fanciullezza, quando il “mondo Grimaldi” era antico e favoloso”.
(Foto Gabriel Niccoli, Antonietta Malito)