Nella nostra bella penisola vi sono gioielli di inestimabile valore, senza però avere le attenzioni che meritano. Vere e proprie meraviglie abbandonate a sé stesse, con una storia unica, ma un presente ed un futuro incerto. È il caso del Castello di Sammezzano, uno dei monumenti più belli non solo della Toscana, ma di tutto il Belpaese, che però rischia di scomparire.
Da fattoria a monumento: storia del Castello di Sammezzano
Firenze è senza dubbio una delle città più belle d’Italia. Le sue strade sono un viaggio tra arte, cultura e magnificenza, con alcune delle opere più affascinanti di sempre. Ponte Vecchio, Santa Maria della Croce, gli Uffizi: la lista è lunga e varia, rendendo di fatto il capoluogo toscano una delle città con la più alta concentrazione di monumenti al mondo. Ma i suoi gioielli si estendono anche al dì fuori delle sue mura. A circa 30 km dalla capitale del Rinascimento, nella piccola frazione di Leccio, c’è uno dei castelli più belli d’Italia. Stiamo parlando del Castello di Sammezzano e del suo parco di sequoie secolari.
La sua storia inizia all’alba del XVII secolo quando gli Altoviti, una delle più antiche famiglie nobili fiorentine, fecero costruire una fattoria tra gli appennini toscani. Un complesso ben lontano da quello che possiamo ammirare oggi, per via delle ristrutturazioni che hanno investito la tenuta nel corso dei secoli. Varie famiglie, infatti, si sono susseguite nella gestione della fattoria e dei terreni circostanti: Altoviti, i Medici ed infine gli Ximenes d’Aragona, altra nobile dinastia toscana con evidenti origini spagnole. E fu proprio Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona a trasformare la fattoria nel gioiello che possiamo ammirare oggi. Tra il 1853 e il 1889 il marchese fece realizzare il Castello di Sammezzano e il parco, coinvolgendo esclusivamente artisti e mano d’opera fiorentina. Il risultato fu una delle opere più affascinanti mai realizzate all’epoca.
Trionfo dell’orientalismo
Il Castello di Sammezzano è un vivo esempio dell’orientalismo in Italia. All’alba dell’Ottocento, infatti, una nuova corrente culturale invade l’Europa, con Firenze tra i principali centri. Come suggerisce il nome, tale movimento voleva riproporre nel Vecchio Continente l’arte e lo stile orientale, partendo dal Medio Oriente fino al Giappone. Il castello fu arricchito con oltre 70 sale decorate in modo unico dai migliori artisti del periodo. La più famosa di queste è senza dubbio la coloratissima Sala dei Pavoni.
Per realizzarla ci si ispirò alla corrente artistica e architettonica del moghul, che prende ispirazione dalla cultura indiana e persiana. Il nome Sala del Pavone è un chiaro riferimento all’animale simbolo dell’India, nonché allo stile con cui è ornata la sala. Le decorazioni sono infatti a ventaglio, partendo dal pavimento fino al soffitto. Il tutto arricchito con una varietà cromatica incredibile. Qui, secondo la BBC, c’è uno dei dieci migliori soffitti al mondo.
Il castello oggi
Purtroppo il Castello di Sammezzano non vede nel presente i suoi giorni migliori. Durante la guerra fu oggetto di numerosi saccheggi. Terminato il conflitto, fu trasformato in un hotel di lusso fino agli anni Novanta, quando il complesso venne acquistato da una società italo-inglese. Obiettivo era renderlo un lussuoso resort, ma a causa dei problemi finanziari della società, nulla fu realizzato. Dal 2015 la struttura è all’asta, ma ad oggi non sono pervenute offerte.
Lo scorso anno il Castello di Sammezzano è stato inserito nella lista dei 12 monumenti più a rischio di Europa. La speranza è stimolare le istituzioni nella sua salvaguardia. Fortunatamente, tuttavia, i volontari del FAI e di altre associazioni stanno cercando di tutelare e sensibilizzare il grande pubblico, organizzando visite guidate ed eventi tra le sue mura. Il tutto in attesa di tempi migliori, che sappiano restituire il giusto lustro a questa meraviglia tutta italiana.