Intervista a Roberta Bellesini Faletti che ci racconta il grande Giorgio Faletti

Abbiamo intervistato Roberta Bellesini Faletti moglie del grande Giorgio Faletti che ci ha raccontato di lui come comico, attore, scrittore, cantante, pittore e molto altro ancora.

Lei è stata prima compagna e poi moglie del grande Giorgio Faletti. Come vi siete incontrati?

Ci siamo conosciuti nella maniera più italiana possibile. A casa di amici comuni per guardare una finale di calcio con un bel piatto di spaghetti al pomodoro in mano. Alla fine della partita abbiamo cominciato subito a chiacchierare e lui con grande entusiasmo aveva cominciato a raccontarmi dell’ultimo progetto al quale stava lavorando che era un album di canzoni che sarebbe uscito di lì a poco. Ci siamo conosciuti un po’ meglio e nel giro di sei mesi è arrivata la dichiarazione ufficiale.

Il primo ricordo che ho da bambina, di Giorgio Faletti è quello di quando insieme alla mia famiglia lo guardavo in TV nei panni di Vito Catozzo. Un personaggio il cui modo di parlare è entrato nel linguaggio comune. Come è nato questo personaggio?

Giorgio prendeva spunto per i suoi personaggi dall’ambiente che aveva intorno. Diceva sempre che non poteva sapere da dove e come gli sarebbe arrivata l’ispirazione per creare un testo, una canzone, un personaggio, una storia. Lui doveva essere come un radar, aperto a 360 gradi, immerso nel mondo per cogliere ogni spunto. Poi lui ci lavorava su, creava le gag comiche che tutti abbiamo visto nel drive in e poi nelle trasmissioni anche successive. Vito Catozzo era praticamente una guardia giurata che lavorava presso la banca di cui Giorgio era cliente.

Intervista a Roberta Bellesini Faletti - vito catozzo

Il libro “Da quando a ora” è un libro autobiografico che comprende anche due Cd musicali in cui Giorgio Faletti interpreta le sue canzoni già portate al successo da altri, tra cui Jacques scritta per Milva, recentemente scomparsa e canzoni inedite. C’è anche “Signor Tenente”, che ha ottenuto il disco di platino, ha venduto oltre 100 mila copie. Come è nata questa canzone indimenticabile?

Questa è una storia molto particolare. Giorgio diceva che questa canzone gli era stata ispirata dal cielo, come se qualcuno gliela avesse sussurrata all’orecchio. Giorgio era una persona di grande sensibilità e come tutti gli italiani non era rimasto assolutamente indifferente alle stragi di Capaci e di via d’Amelio. Aveva tanti amici che lavoravano tra le forze dell’ordine e quando capitava di incontrarli gli raccontavano i loro stati d’animo, l’ansia e le paure. Da queste emozioni è nata questa canzone. Giorgio raccontava proprio il momento preciso in cui questa canzone era nata. Lui era seduto in macchina nel parcheggio di un locale di cabaret e a un certo punto ha preso il taccuino che aveva sempre con sé e una penna e ha cominciato a buttare giù le parole. Non aveva ancora una musica, ci voleva una musica molto minimalista, qualcosa che sottolineasse appena quelle frasi. Gli amici, anche cantanti, lo convinsero a fare ascoltare al direttore artistico di Sanremo che era Pippo Baudo. La canzone partecipò al Festival, arrivò al secondo posto e vinse il Premio della Critica.

La nave di Teseo ha ripubblicato i libri di Giorgio Faletti in una nuova collana a lui dedicata. In particolare “ io uccido” ha una doppia copertina. Io uccido è il libro del suo esordio come scrittore. Ha venduto finora oltre 5 milioni di copie ed è stato tradotto in molte lingue. Da quanto tempo Giorgio Faletti aveva in mente questa trama? Quando ha deciso di farla diventare un libro?

Di questo libro Giorgio aveva in mente il titolo cioè “io uccido”. Mi diceva che era un titolo che lui prima o poi avrebbe voluto utilizzare. Per parlare di Giorgio scrittore mi piace fare una piccola premessa. Giorgio era innanzitutto un grandissimo lettore, lui leggeva da quando era ragazzino, pian pianino aveva cominciato ad appassionarsi alla letteratura di genere e negli ultimi decenni in particolar modo si era appassionato alla letteratura americana. Cominciò a seguire e ad appassionarsi a due scrittori in particolare. A Jeffery Deaver e anche a Michael Connelly. S’innamorò profondamente del genere thriller americano, gli piaceva il meccanismo con cui venivano costruite queste storie. Giorgio forse anche un po’ inconsciamente aveva cominciato ad acquisire i meccanismi della scrittura thriller americana. Poi, a un certo punto, ha abbandonato la televisione e aveva più tempo libero per cui, decise di cimentarsi nella scrittura di questo romanzo. Cominciò ad elaborare la trama. Scelse di ambientarlo a Montecarlo perché era un posto che conosceva bene e anche perché nessuno aveva mai ambientato un thriller così sanguinoso nel principato di Montecarlo.
Essendo il primo libro lui pensava che sarebbe stato anche l’unico quindi ci ha messo dentro tutto quello che gli piaceva. Cominciò a scrivere abbastanza velocemente perché lui era molto sistematico. Si alzava la mattina faceva colazione poi si metteva a scrivere fino al pomeriggio e dopo riprendeva il testo per rileggerlo e vedere se c’era qualche modifica, qualcosa da cambiare. Così nacque “io uccido”.

Intervista a Roberta Bellesini Faletti - primo piano di giorgio faletti

Ogni anno ad Acerra si svolge il Pulcinella Film Fest, Festival internazionale della Commedia. Quest’anno il film “La ricetta della mamma” tratto da un racconto di Giorgio Faletti ha vinto, grazie a Dario Piana, il premio per la Miglior Regia.

Questo è un brevissimo racconto che scrisse per una raccolta che era uscita parecchi anni prima. Era una raccolta nella quale doveva essere presente un elemento legato alla cucina. È un racconto molto particolare perché effettivamente nasce con grande suspense però poi all’interno c’è una componente ironica notevolissima. Devo dire che Dario Piana era un carissimo amico di Giorgio. Avevano anche lavorato insieme quindi era rimasta questa grande amicizia e si erano sempre detti che avrebbero poi voluto fare insieme qualcosa anche in ambito cinematografico ma per i rispettivi impegni non ci sono mai riusciti.
Poi qualche anno fa io e Dario ci siamo ritrovati a Milano e abbiamo cominciato a pensare a come realizzare questo progetto. Questo cortometraggio ci ha regalato veramente grandissime soddisfazioni. Gli hanno dedicato un evento speciale al Festival del Cinema Internazionale di Taormina dove è stato proiettato fuori concorso e poi successivamente abbiamo partecipato a tantissimi concorsi in giro per il mondo. A Chicago abbiamo vinto il premio come miglior Commedia Straniera e poi siamo stati in diversi Festival europei e molti Festival italiani tra cui quello di Acerra al quale tengo tantissimo.

L’ultimo lavoro della fantasia e del talento di Giorgio Faletti è ”L’ultimo giorno di sole”, con testi e musiche di Faletti che è stato prodotto da lei, Roberta Bellesini. Ha messo in scena questo spettacolo teatrale e lo ha portato a New York dove ha avuto un successo straordinario. Ci vuole parlare di questo spettacolo?

Ne parlo con grande piacere soprattutto perché questo è l’ultimissimo lavoro al quale Giorgio si è dedicato fino a che ne ha avuto le energie. Nell’estate del 2013 decise di scrivere un monologo per una nostra amica attrice bravissima che si chiama Chiara Buratti. Giorgio ne avrebbe voluto fare la regia quindi, sperimentare il ruolo di regista teatrale. Inizia quindi a scrivere questo monologo che si compone anche di sette pezzi musicali scritti proprio appositamente per questa storia, una sorta di teatro canzone e musica. Poi purtroppo Giorgio scomparve a luglio del 2014. In questo lavoro aveva messo tutte le su ultime energie e quindi, dopo un po’ di mesi verso la fine del 2014 pensai che questo non poteva rimanere un lavoro incompiuto. A un anno esatto dalla sua scomparsa abbiamo portato lo spettacolo in scena al Teatro Alfieri ad Asti. C’è stata anche questa bellissima esperienza americana, abbiamo presentato lo spettacolo a New York ad un concorso nel quale vengono scelti otto spettacoli italiani per raccontare che cos’è il teatro italiano a New York. Di tutti gli spettacoli italiani che hanno fatto quel concorso è stato scelto il nostro e quindi è stato portato sui palcoscenici di Manhattan. E’ stata un’esperienza meravigliosa e emozionante.

Forse in pochi sanno che Giorgio Faletti è stato anche pittore e che era appassionato di corse automobilistiche ma anche della Ducati e della Ferrari. Dove trovava l’entusiasmo di fare tutto?

Fondamentalmente Giorgio era un ragazzino, lui aveva l’entusiasmo di un diciassettenne. La sua fase pittorica è la meno conosciuta ed era quella che che gli diede molte soddisfazioni. Quando lui scriveva un libro o pensava a un film aveva bisogno di svuotare la testa, aveva bisogno di lasciarsi andare e questo lo trovava nella pittura. Questo era il suo modo di rilassarsi, di riconnettersi con se stesso e alle sue emozioni.

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