Muti scrive a Conte. Conte risponde a Muti. Non è uno scontro ma un botta e risposta per salvare la cultura. Nonostante l’aumento quotidiano dei contagi e il correre sempre più accelerato della pandemia. Da una parte Riccardo Muti che scrive una lettera aperta al premier pubblicata sul Corriere della Sera. “Le chiedo, sicuro di interpretare il pensiero non solo degli Artisti ma anche di gran parte del pubblico, di ridare vita alle attività teatrali e musicali per quel bisogno di cibo spirituale senza il quale la società si abbrutisce”.
Dall’altra Giuseppe Conte che, sempre sul Corriere, risponde: “Siamo costretti a fare questi ulteriori sacrifici. Ma non intendiamo affatto rinunciare alla bellezza, alla cultura, alla musica, all’arte, al cinema, al teatro. Abbiamo bisogno del nutrimento che da queste attività ricaviamo e della capacità di sogno che queste ci suscitano. Intendiamo tornare al più presto a fruire di queste emozioni in compagnia, condividendo la muta armonia che si instaura in presenza di un vicino, anche se s-conosciuto. La nostra dimensione spirituale non potrebbe sopravvivere senza questa esperienza. È con questo spirito, caro Maestro, che ci siamo assunti la responsabilità di operare scelte così dolorose”. Due appelli accorati e per certi versi sovrapponibili, seppur su due sponde diverse.
E’ emergenza sanitaria, sociale e anche culturale
E’ indubitabile che il mondo della cultura è uno di quelli che nel nostro Paese sta pagando il prezzo più alto alla pandemia. Cultura a 360 gradi. A cominciare dall’istruzione scolastica che in questi giorni vede la chiusura di un sempre maggiore numero di istituti, di ogni ordine e grado. E la cultura comincia anche dalla scuola. Ma cultura significa anche teatri, musica, occasioni quali convegni, mostre, presentazione di libri e momenti di approfondimento sui più svariati argomenti. Cultura è incontro e scambio di idee che, extrema ratio, si possono fare anche da remoto ma che in presenza trovano la loro essenza più vera e profonda. Di tutto questo, per ora, in presenza non si può fare quasi più nulla.
Nel suo appello Riccardo Muti scrive di comprendere la difficile responsabilità del Presidente del Consiglio, la sua “necessità improrogabile di salvaguardare la salute, bene supremo, dei nostri concittadini”. Ma “Chiudere le sale da concerto e i teatri è decisione grave. L’impoverimento della mente e dello spirito è pericoloso e nuoce anche alla salute del corpo”. E poi ci sono i lavoratori dello spettacolo, le difficoltà economiche e le preoccupazioni per il loro futuro. “Tale decisione – aggiunge – non tiene in considerazione i sacrifici, le sofferenze e le responsabilità di fronte alla società civile di migliaia di Artisti e Lavoratori di tutti i vari settori dello spettacolo, che certamente oggi si sentono offesi nella loro dignità professionale e pieni di apprensione per il futuro della loro vita”.
I teatri, e non solo, dopo il lockdown della scorsa primavera hanno adottato tutte le misure possibili per restare aperti al pubblico in condizioni di sicurezza. Perchè, conclude Riccardo Muti, “I teatri sono governati da persone consapevoli delle norme anti Covid. Le misure di sicurezza indicate e raccomandate sono state sempre rispettate. Spero lei possa accogliere questo appello”. “Le Sue riflessioni mi toccano profondamente – risponde Giuseppe Conte – … Lei ha ragione: la decisione di chiudere le sale da concerto e i teatri è oggettivamente “grave”. I concerti, le rappresentazioni teatrali costituiscono alimento per lo spirito, nutrimento per l’anima”.
Teatri chiusi per evitare assembramenti e ridurre i contatti personali
E’ una decisione che non abbiamo preso a cuor leggero, aggiungeil premier, consapevoli delle difficoltà che stanno vivendo, ormai da molti mesi, i lavoratori dello spettacolo. Per questo “ ho apposto la mia sottoscrizione al documento solo quando siamo stati sicuri … di potere approvare … un decreto-legge che consentirà di erogare, agli operatori economici e ai lavoratori colpiti dalle nuove norme, ristori immediati e misure di sostegno”. Come era immaginabile, la decisione di fermare questo, come altri settori, è venuta per arginare le occasioni di socialità. I temuti assembramenti, “aggregazioni di persone, che generano, soprattutto nelle ore serali, afflussi sui mezzi pubblici e moltiplicano le occasioni di contagio … La riduzione delle occasioni di socialità e dei momenti aggregativi comporta anche la drastica riduzione del numero dei contatti personali”.
Quando si riaccenderanno le luci dei teatri? La risposta ancora non c’è, ma Conte assicura che “con il ministro Franceschini siamo già al lavoro per far riaccendere al più presto microfoni, riflettori, proiettori, e per assicurare le premesse per un effettivo rilancio di tutte le attività dello spettacolo, confidando sull’impegno, sulle energie e sulle intelligenze di tutti”.