Questa pandemia che ha travolto il mondo ci cambierà. In realtà ci ha già cambiati. Ci ha spinto al raccoglimento interiore. Il silenzio ci ha investiti e inevitabilmente spinto ad ascoltarci, a ripensare alle nostre vite quando, una volta finita l’emergenza covid19, torneremo là fuori. Qualcuno dice che dimenticheremo in fretta. Ma un’esperienza così forte lascerà segni indelebili. Riprenderemo la nostra routine, è vero, non saremo però gli stessi. Dal mondo della moda il primo a lanciare l’allarme è Giorgio Armani.
Lo stilista piacentino dalle pagine di Wwd, il più importante quotidiano della moda e del lusso americano, invita a rivedere le regole del fashion system. Il coronavirus avrà un impatto socio-economico notevole. Come ogni grande “rivoluzione” cambierà gli aspetti più intimi della società. Muterà il nostro modo d’essere e di come vogliamo apparire agli altri. Ci vestiremo in modo diverso, sulla scia di quelle comode abitudini che abbiamo acquisito in queste lunghe settimane di quarantena. Saremo meno propensi agli sprechi. Non acquisteremo di impulso le ultime novità ma punteremo su abiti durevoli. Si tornerà al “poco, ma buono”. Armadi leggeri, essenziali per gente che guarda alla vita da un’altra prospettiva.
Armani: “Ritroviamo una dimensione più umana”
“Basta con gli sprechi di denaro per gli show – scrive Armani nella sua lettera aperta a Wwd – (…) il momento che stiamo attraversando è turbolento, ma ci offre la possibilità, unica davvero, di aggiustare quello che non va, di togliere il superfluo, di ritrovare una dimensione più umana. Questa è forse la più importante lezione di questa crisi”.
Per Armani, gli show grandiosi, organizzati per presentare le collezioni in giro per il mondo, “oggi sembrano inappropriati e anche volgari”. Lo stilista informa che col suo team, da quando il governo italiano ha bloccato tutte le attività economiche non essenziali, sta lavorando alle collezioni estive. A differenza di quanto avvenuto finora, resteranno nei negozi fino alla fine di settembre. “E così intendo fare d’ora in poi”, scrive Armani. “Il declino del sistema moda, per come lo conosciamo, è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più. Io non voglio più lavorare così, è immorale”. “Ho sempre creduto – conclude lo stilista – in un’idea di eleganza senza tempo (…) Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare tutto, per riallineare tutto, per disegnare un orizzonte più autentico e vero”.
La moda “si rifà il look”
Che il fashion system fosse a un bivio era già nell’aria da tempo. I consumi stavano prendendo una nuova direzione e adesso, questo isolamento forzato, ci spingerà su nuove vie. A sottolineare il cambiamento in atto non è solo Armani. Anche Lidewij Edelkoort, una delle più importanti e influenti esperte di moda nel mondo, parla di “ripensamento dei valori”. Il settore del tessile sta affrontando un periodo difficile. L’intero sistema rischia il collasso. La “quarantena dei consumi“, come l’ha definita Edelkoort in un’intervista a Dezeen, cambierà definitivamente il modo nel quale scegliamo cosa disegnare, cosa produrre, quanto produrre e come acquistare. A vincere saranno i marchi capaci di accettare questa sfida e puntare su una rivoluzione e razionalizzazione delle loro produzioni.
Ritorno al minimal
Questa pandemia ha avviato una profonda riflessione sugli attuali modelli di business del mondo della moda. Punteremo al minimal e non ci faremo più tentare dall’ennesimo pantalone low-cost, perché propenderemo verso acquisti più oculati.
Armani ha dimostrato di avere la sensibilità di cogliere ciò che stava avvenendo già da tempo. Ancora prima che scoppiasse l’allarme in Italia, lo stilista ha deciso di sfilare a porte chiuse alla fashion week di Milano. In diretta solo su Instagram. Precedentemente allo stop del governo a tutte le attività commerciali non essenziali, aveva già chiuso gli Armani Hotel. Ha fatto importanti donazioni agli ospedali impegnati in prima linea nella lotta al covid19. E infine riconvertito la propria produzione per realizzare camici monouso per il personale sanitario. Una produzione eseguita quasi unicamente a mano o con macchine da cucire. Bisogna guardare al nostro futuro in modo diverso. Adesso è il momento di cambiare.
#l’Italianelcuore