“Italia, 2006”. Basta questo per evocare, nell’immaginario collettivo, un’immagine forte e nitida, che si staglia fra le altre. L’immagine di un uomo che solleva una coppa. E, maggiore è la concentrazione, la nostalgia, maggiore sarà la visibilità di quegli attimi. Di quando Fabio Cannavaro alzava al cielo la Coppa del Mondo che gli azzurri vincevano a Berlino, per la quarta volta nella loro storia. Ma “Italia, 2006” è anche l’innesco per un’ulteriore molla, nella testa del nostro capitano di allora. Al termine di una stagione imperiosa, infatti, Cannavaro si aggiudicava il Pallone d’Oro, diventando il quinto italiano di sempre a riuscirci, e veniva eletto FIFA World Player of The Year. Oggi parliamo proprio di lui, di Fabio, della sua storia calcistica e di quel 2006 da incorniciare.
Chi è Fabio Cannavaro?
Domanda lecita, per un profano. Cannavaro è un ormai ex giocatore di calcio, per lo più difensore, ma anche terzino all’occorrenza.
Tra le caratteristiche migliori in repertorio, la marcatura, l’anticipo e il timing, soprattutto negli stacchi aerei, che vinceva molto spesso, nonostante non fosse particolarmente alto di statura. Nel corso del Mondiale 2006, questi parametri si amplificarono oltremodo, consentendogli di giocare a dei livelli mai raggiunti in carriera. E i risultati li abbiamo ben visti.
La carriera di Fabio Cannavaro
Cannavaro, di origini napoletane, iniziò proprio in quel settore giovanile la sua esperienza, debuttando in Serie A nel 1993 e in Coppa Uefa nella stagione successiva, trovando per giunta il suo primo gol contro il Milan. Viene, poi, ceduto al Parma, per risanare le condizioni finanziarie dei partenopei. Tra i ducali, può svolgere il suo compito assieme a dei pilastri come Buffon e Thuram, in una delle difese sicuramente più significative d’Europa. Non è un caso, infatti, che in questa sua esperienza – durata sette anni – chiuderà al secondo posto un campionato nel quale hanno messo seriamente in difficoltà la Juve e vincerà Coppa Uefa, Coppa Italia e Supercoppa Italiana.
Nel 2002 si sposta all’Inter, sotto Hector Cuper. Non inizia benissimo, anzi, ma si riprende strada facendo, garantendo comunque buoni risultati. Una serie di infortuni, invece, caratterizzerà in negativo il suo secondo anno nerazzurro, impedendogli di esprimersi con continuità. Per sua stessa ammissione, il biennio interista è stato il più duro della sua intera carriera. Da big a big, nel 2004 sbarca alla Juventus. Le sue prestazioni salgono di livello. E, ad esse, si aggiungono diversi gol sporadici, inclusa la sua prima doppietta in Juve – Empoli 2-1. I piemontesi, in quegli anni, centrano due scudetti di fila, secondo dei quali gli viene revocato in seguito allo scandalo che li coinvolge.
Per Evitare la B, decide di trasferirsi al Real, team col quale vince due Primera Division, pur barcollando al di sotto delle aspettative. In scadenza, tornò alla Juve, ricevendo un’accoglienza molto fredda dai tifosi, che non gli perdonato l’abbandono della nave post-Calciopoli. In più, gioca abbastanza male, lui, e la squadra, che termina l’anno al settimo posto. La Juve decide, a giugno, di non rinnovare il contratto e lui si svincola. Cannavaro si ritirerà ufficialmente nel 2012.
Il mondiale 2006 e il Pallone d’Oro
Come detto, il Mondiale 2006 è la punta di diamante del suo percorso calcistico. Le sue prestazioni cristalline toccarono vertici altissimi, tanto che la difesa da lui guidata incassò soltanto due gol complessivi. Nella finale dell’Olympiastadion non solo si laureò campione del mondo, ma toccò quota 100 presenze in nazionale. Ulteriore corona, l’attribuzione del Pallone d’argento adidas, onorificenza che Fifa attribuisce al secondo miglior giocatore del torneo.
Grazie a questi successi, oltremodo invidiabili, poté garantirsi il Pallone d’Oro ed essere tuttora l’ultimo italiano ad averlo vinto. E, in realtà, anche per lui si tratta di un trionfo un po’ a sorpresa, perché generalmente quando una Nazionale vince il Mondiale, si dà il premio al terminale offensivo, al trascinatore che, a suon di gol, ha fatto strage di avversari. Ma l’Italia di Lippi era atipica da questo punto di vista. Toni aveva segnato due gol, Totti uno, ma il vero potere di quegli elementi risiedeva nel centrocampo e, a maggior ragione, nella granitica difesa, composta, tra gli altri, anche da Gigi Buffon. Proprio lui, difatti, arriverà secondo nella corsa al Pallone d’Oro. Non poche polemiche si sono sollevate, da parte di chi considera quel riconoscimento come espressione di estro, assist, gol, talento. Ad imporsi è stata invece la solidità del difensore nostrano. Uno dei pochi a vincere un Ballon d’Or. Un nostro orgoglio.