Civita di Bagnoregio. L'antico borgo arroccato su un altopiano verdeggiante

Civita di Bagnoregio: il Paese che muore

Sorge nel cuore della cultura etrusca una “affascinante Signora” capace di muovere migliaia di turisti. Eternamente giovane se pensiamo che il suo aspetto è rimasto uguale a se stesso per secoli. Vecchia se la osserviamo con gli occhi della modernità. È Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo. Un surreale borgo capace di guidarci in un suggestivo viaggio tra storia e natura.

Un fascino senza tempo

Figlia della Valle dei Calanchi, di un ambiente tanto particolare da indurci a credere che si tratti di una realtà extraterrestre. Civita di Bagnoregio appare come poggiata su di un colle ad una altezza di 443 metri. Un rilievo instabile, quasi friabile, continuamente soggetto a frane. Ecco perché per arrivare all’antico borgo è necessario percorrere un ponte che coraggiosamente attraversa la voragine sottostante. Un collegamento pedonale adatto a chi non soffre di vertigini e che risulta ad oggi il solo modo per raggiungere il luogo.

Civita di Bagnoregio. Ponte che conduce all'antico borgo

Tutto attorno si apre un panorama degno delle migliori pellicole fantasy. Un paesaggio roccioso dominato dai toni del marrone. Sono le sfumature di una terra brulla che, qua e là, lascia spazio a verdi ciuffi. Arbusti e cespugli che provano ad animare un luogo che sonnecchia da secoli preservando, come in un sogno, la sua immortale bellezza. E se questa sua mise certamente ci affascina allora forse ci stupirà conoscere il soprannome dato ad una così seducente località.  “Il Paese che muore”. Uno pseudonimo non tra i più gentili né tra i più accattivanti. Eppure qui, ogni anno, arrivano folle di curiosi visitatori.

Custode della civiltà etrusca

Figlia di un misterioso popolo che conquistò diversi territori del nostro centro Italia. Erano gli etruschi. Qui lasciarono le tracce più antiche della storia di Civita di Bagnoregio. Esempi ne sono le numerose tombe che vanno a costituire vere e proprie necropoli. Come la grotta di Bonaventura, dove si dice che San Francesco avrebbe risanato Giovanni Fidanza poi diventato San Bonaventura.

Civita di Bagnoregio. I resti della casa di San Bonaventura con mattoni rossi a vista e immagine del Santo
foto di Gianfranco Vitolo

Le opere ingegneristiche di Civita di Bagnoregio

Quella che è raccontata nelle sembianze di una grotta era in realtà una tomba a camera databile appunto al periodo etrusco. Il borgo divenne poi romano. Questi antichi popoli si adoperarono per limitare i problemi di instabilità che già allora si erano manifestati. Una zona sismica, soggetta a smottamenti ed erosioni. Ecco perché, gli etruschi prima e i romani dopo si impegnarono in opere ingegneristiche: canali e argini. La caduta dell’Impero Romano portò in un primo tempo alla perdita del sapere dei “grandi del passato” e così questo luogo finì abbandonato a se stesso. Poi il medioevo e la nuova valorizzazione. Oggi ciò che resta sono proprio le produzioni di quest’ultimo periodo. Le abitazioni gotiche, la chiesa di San Donato, i resti della casa natale del Bonaventura.

Civita di Bagnoregio. Dettaglio di altorilievo con leone sotto la cui zampa schiaccia una testa d'uomo
foto di Gianfranco Vitolo

Ma anche la porta di Santa Maria, uno fra i varchi delle antiche mura. Sormontata da due leoni che costringono sotto la zampa una testa umana. Un simbolo di forza volto a rinnegare la sottomissione alla famiglia dei Monaldeschi. Il ricordo di una battaglia del popolo rappresentato sulla vecchia porta di accesso al borgo. Non mancano anche tracce di un’età più “vicina”. Il Rinascimento, identificabile nel mulino cinquecentesco. Oggi è possibile respirare un’aria che sa di antico. Il peso della storia passata portato dignitosamente sulle spalle di questo anziano borgo. Un luogo pressoché disabitato ma che preserva le giuste doti che lo fanno amare. Non sarà un caso se nel 2017 sono stati 850 mila i visitatori che hanno avvertito il richiamo dell’affascinante Paese che muore.

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